Mag 23, 2019
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Benvenuti all’Arco della Pace!

Sono le sei di mattina..Fa ancora freddo per essere primavera inoltrara. Corso Sempione, a quest’ora, è quasi deserto, la città dorme ancora e regna il silenzio..

Raggiunta Piazza Sempione l’atmosfera è quasi magica, il sole sta per sorgere dietro all’Arco della Pace…

Oggi oggetto di nostro interesse sarà proprio lui. Dovremo farne il rilievo laser scanner per poi redigere il progetto di restauro.

Prima di raccontarvi che cosa faremo per prenderci cura di questo imponente monumento (sarà sicuramente oggetto di un altro post), vorrei raccontarvi la sua storia e qualche interessante e  simpatico aneddoto che lo riguarda.

Nel 1800, con l’arrivo di Napoleone Bonaparte a Milano,la città diviene a tutti gli effetti capitale della Repubblica Cisalpina. Si afferma il gusto neoclassico, anche a seguito dell’illuminismo. L’Arco della Pace ne è esempio paradigmatico sia nell’architettura che nella scultura, tanto da essere considerato dai critici il monumento più rappresentativo del neoclassicismo lombardo.

La sua costruzione venne iniziata sotto Napoleone I su progetto di Luigi Cagnola, nel 1807, e concepita inizialmente come “Arco della Vittoria” per festeggiare la vittoria francese nella battaglia di Jena.

I lavori, interrotti per le vicende politiche, furono ripresi nel 1816 su interessamento di Francesco I Imperatore d’Austria. Il Cagnola, con il nuovo governo, ebbe l’incarico di proseguire l’opera celebrativa e di cambiare i soggetti dei bassorilievi allegorici, aggiungendo proprie iscrizioni dedicatorie. Alla morte del Cagnola, nel 1833, i lavori proseguirono sotto la direzione di Carlo Giuseppe Landonio, Giuseppe Peverelli e Domenico Moglia.

Il progetto di Luigi Cagnola, che pare ispirato alla tipologia dell’Arco a tre fornici, e in particolare a quello di Settimio Severo nel Foro romano, si realizzò in un’opera di grande effetto, tutta costruita in marmo, collocata al termine della via del Sempione, in vista del Castello Sforzesco.

Responsabile dell’iconografia è Camillo Pacetti che scelse gli scultori per le decorazioni.

Sull’Arco della Pace hanno lavorato venti scultori per oltre quaranta opere: nove a tutto tondo e trentaquattro in rilievo.

Di grande impatto monumentale e simbolico è la sestiga in bronzo, sull’attico, opera di Abbondio Sangiorgio, che ebbe l’incarico nel 1825. Il tema è, appunto, la Pace che arriva su un carro tirato da sei destrieri.

La figura della Dea con la mano destra porge alla città un ramo d’ulivo e con la sinistra regge l’asta del potere al cui sommo è collocata una Minerva pacificatrice. Sul fronte del carro un bassorilievo con due Vittorie con il trofeo dei vinti, più sotto Cerere versa spighe da una cornucopia e il Genio delle Arti mostra i suoi strumenti insieme con il ritratto del Cagnola.

Agli angoli dell’attico altri quattro cavalli, con in sella le Vittorie, opere di Giovanni Putti.

Il monumento è costruito con granito di Baveno e rivestito in marmo di Crevola d’Ossola, variegato di bruno chiaro e grigio azzurro, si dice scoperto sulle montagne dell’Ossola dal Cagnola stesso,assieme al capomastro Bignetti.

Il maestoso Arco fu inaugurato il 10 settembre 1838 dall’Imperatore Ferdinando I per la incoronazione a Re del Lombardo-Veneto.

È in quell’occasione che il monumento assunse il nome di Arco della Pace a significare che l’Impero austriaco in Lombardia riportava la pace e non la guerra. La dedicazione infatti diceva: Al Re e Imperatore Francesco Augusto; assertore e creatore della pubblica e perpetua felicità; procurata la pace ai popoli; la Lombardia felicemente dedica.

Gli Asburgo non si fecero mancare uno sberleffo: la posizione dei cavalli che trainano il carro della Pace sull’attico venne modificata dagli austriaci. Per farsi beffa dei francesi, i cavalli vennero ruotati di 180 gradi affinché il loro fondoschiena fosse orientato verso la Francia.

Con l’avvento di Vittorio Emanuele II, che nel 1859, insieme a Napoleone III cacciò gli Austriaci da Milano, il monumento ebbe una nuova dedicazione, l’attuale, che riporta, sul fronte verso Corso Sempione: Alle speranze del Regno Italico / auspice Napoleone I / i Milanesi dedicarono l’anno MDCCCVII / francati da servitù felicemente restituirono / l’Anno MDCCCLIX.

Sul fronte che guarda verso il Castello Sforzesco, invece, la scritta dedicatoria: Entrando coll’armi gloriose / Napoleone III e Vittorio Emanuele II liberatori / Milano esultante cancellò da questi marmi / le impronte servili / e vi scrisse l’indipendenza d’Italia / MDCCCLIX.

I due prospetti principali sono ritmati da quattro colossali colonne corinzie scanalate aggettanti.

L’Arco costituisce la summa della cultura architettonico-decorativa di un ventennio della vita milanese. Vi lavorarono, infatti, come già ricordato, tra una vicenda politica e l’altra, un grande numero di scultori.

Sopra la trabeazione sono raffigurati i quattro fiumi principali del Lombardo-Veneto: il Po e il Ticino, opere di Benedetto Cacciatori; l’Adige e il Tagliamento di Pompeo Marchesi. Sui lati e sulle fronti è presente una ricca decorazione plastica, che raffigura episodi della Restaurazione, opere ancora di Cacciatori e Marchesi, ma anche di Camillo Pacetti, Francesco Somaini, Gaetano Monti, Grazioso Rusca, Luigi Acquisti.

Ai lati dell’Arco della Pace due caselli daziari, anch’essi opera di Luigi Cagnola.

Un tempo, attraverso una scala interna era possibile salire sino all’attico di un Monumento che è considerato una delle più suggestive meraviglie della Città.

Questa la sua storia…presto vi racconteremo il cantiere.

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