Dic 02, 2020
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Il campanile di San Vittore: il Bernascone

Il campanile “del Bernascone” è la torre campanaria della Basilica di San Vittore Martire a Varese.

Il precedente campanile, che si innalzava all’interno della Chiesa, subì forti danni, nel 1581 (venne poi demolito nel 1606 con realizzazione di una struttura provvisoria per reggere la campane), tanto che Carlo Borromeo, nel 1582 e, successivamente, Federico Borromeo, nel 1612, nelle loro visite pastorali, chiedevano la realizzazione di una nuova torre campanaria.

 

L’architetto Giuseppe Bernascone (1565-1631), varesino, conosciuto come “Mancino”, definito dai contemporanei anche come “falegname, intagliatore, agrimensore”, fu incaricato del progetto nel 1616, nel pieno della sua maturità, dopo aver progettato, una ventina di anni prima, anche il “Viale del Rosario” e il campanile del Santuario di S. Maria del Monte (1599).

La costruzione, alta 77,91 m, è uno dei monumenti più noti e comunemente riconoscibili, anche a livello simbolico e identitario, del varesotto.

 

La posa della prima pietra ebbe luogo il 5 marzo 1617.

La costruzione fu lunga e travagliata: i lavori vennero ripetutamente interrotti, a volte con lunghi intervalli di tempo, sostanzialmente per problemi economici.

Nella stesura del progetto, l’architetto si conformò ai dettami stilistici del manierismo all’epoca imperante in Lombardia: disegnò quindi una torre, inizialmente altra 72 m, nella quale il granito grigio, estratto dalle cave della Val d’Ossola, si rapporta con il rosso dei mattoni. Inoltre il terreno all’intorno era cedevole, cosicché l’architetto dovette prevedere la costruzione di fondamenta massicce e profonde.

 

Nei decenni successivi l’inizio dei lavori, la costruzione avanzò con estrema lentezza: la cella campanaria fu completata solo nel 1678. Sempre nel 1678/88 venne realizzato un preciso modellino ligneo del campanile, che, restaurato, è successivamente entrato a far parte della collezione museale di Villa Mirabello.

La conclusione definitiva della torre campanaria, tra il 1771 e il 1774, si deve a Giulio e Giuseppe Baroffio. Nell’intervento, preceduto da un devastante incendio, i Baroffio rivisitarono il progetto del Bernascone dando maggior elevazione in altezza alla lanterna (oltre i 77 m).

Conferirono così alla parte sommitale della torre un’impronta più barocca, in linea col mutato gusto del tempo.

Eventi successivi

La scelta di realizzare le opere murarie in pietra e laterizio a vista, senza far ricorso a intonaci, ha consentito al campanile di resistere per secoli senza subire particolari interventi o modifiche.

Il 30 maggio 1859 la torre sopportò senza problemi alcune cannonate sparate da un reparto dell’Imperial regio Esercito austro-ungarico comandato dal feldmaresciallo Karl Urban come rappresaglia per il rifiuto della città di pagare una somma di denaro come indennizzo per la cosiddetta “battaglia di Varese”. L’atto ebbe una valenza prettamente simbolica, poiché le campane di San Vittore avevano suonato a festa al momento dell’ingresso in città dei garibaldini.

I segni lasciati dalle palle di cannone, particolarmente visibili sul lato sud della torre, non sono mai stati riparati e hanno anzi assunto valore di memoria dell’epoca risorgimentale.

Le forme architettoniche

l campanile presenta un “peso” decorativo che cresce man mano che si sale in altezza: il sobrio basamento, leggermente più largo rispetto al resto della torre (10,85 m per lato), è costruito in granito grigio, con l’unica decorazione costituita da semplici blocchi lapidei sfalsati, in bugnato, a far risaltare i cantonali. Su di esso si fonda un primo livello, ove il granito incornicia l’opera muraria in mattoni, al centro del quale si aprono quattro lucernari (uno per facciata) con una cornice quadrangolare in granito, e da un falso archetto posto come architrave. Un primo cornicione fa da stacco col secondo livello, ove nei muri in mattoni si aprono ampie nicchie ad arco (destinate ad accogliere statue che però non vi furono mai collocate), sormontate da finestre; il tutto è racchiuso da una modanatura arcuata che riprende la struttura portante interna. Due cornicioni in successione racchiudono lo spazio che accoglie i quattro quadranti dell’orologio. Ai lati di ciascun quadrante spiccano le figure scolpite di due massicce teste di leone in granito, che portano una museruola bronzea. Al di sopra si aprono le trifore della cella campanaria, chiusa superiormente dalla terrazza sommitale, retta da un ulteriore cornicione, di fattura più ricca rispetto a quelli sottostanti. L’ultimo elemento del campanile è quindi la lanterna, che con la propria decorazione nettamente più sfarzosa, segna il passaggio dal manierismo al barocco: la struttura è a base ottagonale, finestrata su tutti i lati lunghi e sormontata da una cupola a cipolla rivestita in lastre di rame. Sul pinnacolo svetta una sfera bronzea sormontata da una croce, dalla quale sventola una banderuola con monogramma della Basilica.

 

Gli interventi di più recente manutenzione

Tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI le opere murarie hanno palesato un crescente ammaloramento, dovuto all’azione degli agenti atmosferici e al guano di volatili.

Contestualmente emersero alcuni fenomeni che fecero sospettare l’insorgenza di problemi strutturali: tra il 2008 e il 2009 dapprima si fessurò il selciato presso il basamento, quindi da uno dei cornicioni intermedi si distaccarono alcuni calcinacci di medie dimensioni; si commissionò così una perizia sulla stabilità dell’edificio che, a dispetto delle preoccupazioni, appurò che la struttura del campanile era in buone condizioni, robusta e non soggetta a vibrazioni, e che le problematiche emerse potevano essere sanate con interventi mirati, ferma restando, comunque, la necessità di un restauro conservativo e di un costante monitoraggio delle condizioni statiche.

Il campanile fu comunque oggetto di diverse opere di manutenzione. Il primo intervento documentato risale al 1802. In questo caso i lavori di riparazione riguardarono principalmente la cupola e le parti più visibilmente bisognose di manutenzione.

Nel 1831 il campanile fu dotato di un parafulmine che fu più volte oggetto di opere di manutenzione, le principali nel 1851 e nel 1907.

Nel 1868 la Fabbriceria della Prepositurale richiese una serie di lavori di riparazione, sia interni che esterni al campanile. Già otto anni prima veniva segnalata il degrado degli stucchi e infiltrazioni d’acqua nei muri del terrazzo. Oltre a più generali opere di manutenzione, stuccature, messa in sicurezza delle lastre smosse, si operò sulle lastre in rame della cupola.

Tra il 1874 e il 1879 si lavorò al consolidamento del castello delle campane.

Nella prima metà degli anni Trenta del Novecento era in fase di svolgimento la realizzazione del nuovo Piano Regolatore che comportò l’abbattimento di numerosi edifici, anche nelle immediate vicinanze del campanile; ciò permise di conferire al campanile una visuale libera della sua struttura, dal basamento fino alla cupola. Nel 1977 si procedette al ripristino pittorico dei quadranti dell’orologio, al rifacimento della cupola e dell’impianto parafulmini.

In ultimo, nel 2016, si intervenne per la messa in sicurezza delle colonnine delle balaustre.

 

 

Il nuovo intervento 2020

È programmato il restauro conservativo dei materiali costituenti e l’adeguamento degli impianti per garantire la permanenza del monumento nella sua identità e autenticità, a beneficio della Città e delle future generazioni.

Le superfici esterne richiedono di interventi oramai non più rimandabili a causa di localizzati degradi che possono presentare, però, condizione di rischio per i passanti. Occorre un controllo ravvicinato, in particolare degli aggetti in quota.

L’intervento di restauro prevede, in sostanza:

  • l’esecuzione di una campagna diagnostica su materiali e strutture,
  • interventi di demolizione della struttura interna in cls armato e la manutenzione di scale, corrimani, impalcati, ecc.),
  • il restauro della cella campanaria, del belvedere e della cupola,
  • il restauro e la manutenzione dei paramenti esterni, lapidei e in laterizio,
  • l’adeguamento degli impianti.

Le foto nell’articolo sono di Marco Introini

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